Carmelita Brunetti

EMPATIA ED EROS NELLA SUA SCULTUrA

29 marzo – 09 aprile 2014

Galleria FIDIA
Roma 

Testo introduttivo alla mostra “Frammenti di volo” dove la scultrice, ispirata talora dai versi di Alda Merini, realizza opere in bronzo e in legno d’ulivo di grande forza ed empatiche. 

Nell’incontrare l’opera scultorea di Matilde Mancini si ammira un altero lirismo, la freschezza della sua ispirazione, e tutto ciò che di potente e di forte spiritualità c’è nei suoi lavori. La scultrice fa parte di quella schiera di artisti che, sin dalla neoavanguardia italiana, si sono affermati nel panorama dell’arte per quel desiderio di guardare alla tradizione e di ricercare nuove forme espressive.

Nella sua opera, e in particolare nella produzione degli anni fra il 1995 e il 2000, notiamo un modo di fare arte avventuroso e un fecondo tentativo di mettere al servizio della immaginazione la disciplina degli scultori antichi e la genuinità delle nuove tendenze artistiche. Come Arturo Martini, la Mancini difende lo spirito della mediterraneità e afferma la priorità dell’uomo ricco di libero arbitrio, esalta il suo dinamismo; nella sostanza, sembra ribelle all’arte astratta, senza essere propriamente realista. Il suo umanesimo non è soltanto una manifestazione stilistica, ma una iniziativa, infatti nelle sue creazioni dimostra che la cultura dell’occidente non ha ancora esaurito il suo compito.
Un mondo antico è presente in lei, che di certo non tradisce la sua epoca, poiché la sua opera è un atto di fede. Nelle sue creazioni in bronzo, la figura femminile è la musa ispiratrice. Quasi tutta la ricerca dell’artista ha un’impronta lacaniana, e già nell’opera del ’97 “Donna ed ombra” è il doppio speculare a mettere in risalto il dialogo fra l’Io e il Super Io della donna in lotta e in conflitto con le forze generatrici della vita: Eros e Thanatos.

C’è in questa creazione il desiderio di riconoscere la propria identità e la paura di affrontare le angosce. I volti nelle due sculture, fuse insieme, esprimono dolcezza e sensualità, tanto da far sembrare ancora più intrigante l’opera.

Donne che lottano per affermare i propri diritti e vincere i tormenti delle violenze subite o delle discriminazioni vissute, è la tematica affrontata dall’artista e in “Figura a pugnale” del 2000, nella metamorfosi di donna pugnale, si avverte tutta la sofferenza di un corpo in combattimento.
Anche la “Maschera” del 2001 interpreta in pieno la doppiezza dell’Io, spesso sottoposto a sottomissioni e false speranze. In quest’opera colpisce il dinamismo ed il movimento, mentre lo spazio si determina in angolazioni taglienti e si carica di emozioni, mentre il volume gioca tutte le sue risorse nella forza di una sintetica composizione; sono le mosse che si affermano nel tumultuoso contrasto dell’aperto e del chiuso, del fluido e dell’angoloso a creare il suo mondo di forme moderne e classiche con un sempre presente senso d’infinito.
Si, perché infinita è la speranza nel cambiamento dello stato di sofferenza della donna, tormentata da tante umiliazioni e violenze