Bruna Condoleo

FORME "Gettate"

11 marzo – 31 marzo 2023

Galleria FIDIA
Roma 

Testo critico della mostra “Forme gettate”, l’incontro tra i due materiali che hanno accompagnato l’artista per tutta la sua carriera: il legno d’ulivo e il bronzo

Lungo e articolato l’iter dell’Artista che partita da una figurazione caratterizzata da una scelta di essenzialità, ha infine eliminato dal proprio universo estetico ogni intenzione mimetica, rimodulando il dato reale in forme e ritmi dinamici che invadono lo spazio conquistandolo con una vitalità plastica sempre più autonoma.
Dinanzi a ogni sua opera si ha la sensazione di vedere frammenti geologici di mutazioni primordiali in atto e non ancora concluse, nelle quali materie eterogenee si avvicinano, interagiscono e tentano di integrarsi, desiderose di fondersi in realtà pregne di nuova efficacia comunicativa.
Energie sprigionate da materiali diversi ricercano inediti equilibri: nelle dorate scanalature del legno s’insinuano leggere e aeree forme bronzee, gettate in sottili strati luminescenti che moltiplicano la realtà percettiva.
La struttura di ogni lavoro è sempre passibile di alterazioni ed espansioni: le sue fluttuanti sculture, infatti, conciliando impulsi contrastanti, appaiono come un’opportunità per svelare ciò che in potenza è già presente nella materia.
Da sempre affascinata dalle molteplici potenzialità espressive della materia, Matilde Mancini ha conquistato un’originale dimensione astratta basata sul gioco raffinato di pieni, vuoti, luce: intense vibrazioni cromatiche dei materiali usati, distintamente percepibili, animano superfici magmatiche dalle qualità tattili seducenti.

L’opera si dispiega in tutte le dimensioni e il gesto scultoreo, che sintetizza l’atto inventivo e l’oggetto che ne deriva, sembra generarsi dalla materia stessa, come se la gestualità dell’Artista fosse già inscritta in essa.
Una vita segreta vibra sotto il materiale che modella, plasma e graffia lo spazio per emergere come forma che si fa racconto: i vorticosi incavi che incidono il legno d’ulivo somigliano a ferite, la lucentezza e il dinamismo delle superfici bronzee esprimono tensione verso l’assoluto.
Come metafore di pensieri, le sue opere alludono a emozioni e a sconvolgimenti interiori: la forma scava e incide la materia, ma al contempo sembra insinuarsi nei meandri dell’Io e interrogarsi sul senso dell’esistenza.
Le sculture di Matilde Mancini sono delicati congegni, in cui equilibri, apparentemente precari, rimangono cristallizzati nell’istante che precede una loro ulteriore evoluzione. Un’etica visionaria, quella espressa dalla Scultrice, in cui l’astrazione formale, corroborata dall’eleganza lineare e dalla tensione spirituale, può essere avvicinata a un concetto di classicità, inteso non soltanto come gusto e misura, ma come idea che mette in moto il flusso della psiche sollecitando un nuovo umanesimo, fusione di cultura e natura.
Visualizzazioni del pensiero, in cui l’idea si è incarnata nella forma, possono definirsi le sue opere che simili a poesie ermetiche intendono indagare le origini della coscienza.

Con una grafia essenziale che ha una radice emotiva oltre che mentale e fantastica, Matilde Mancini ha inteso trascrivere nella materia le turbolenze dell’essere; la metamorfosi dell’opera, fulcro vitale del proprio immaginario, si configura come un rifugio poetico o meglio una ricerca appassionata di coesistenza tra sé e il mondo; affini a danze, straniamenti e dinamiche risorgenze, le sue indefinite sculture sono enigmatiche e instabili come la vita stessa.